“La pellicola mi ferma, mi rallenta e mi fa riflettere su quello che sto fotografando, aiutandomi a catturarne l’essenza della realtà che mi trovo a documentare.
La fotografia analogica ha un’anima.
È luce, vetro e mente.
Non c’è veramente altro.”
Dai più grandi fotografi (Gianni Berengo Gardin, Sha Ribeiro, Michael Kenna) ai registi più famosi del cinema di oggi (Paolo Sorrentino, Wen Anderson, Quentin Tarantino), la pellicola è ancora il mezzo che più si avvicina al loro ideale di fotografia.
In questo articolo cercheremo di capire le qualità della Fotografia in Pellicola, soffermandoci sugli aspetti che la contraddistingue la Fotografia Analogica oggi:
L’occhio umano percepisce la luce riflessa in un intervallo dello spettro luminoso chiamato spettro visibile.
L’emulsione fotografica ha una sensibilità spettrale (la lunghezza d’onda della luce stessa) molto più elevata.
La pellicola abbina a questa caratteristica la capacità di restituire ampie variazioni tonali (nel bianco e nero come nel colore), e grazie alle proprietà della sua gamma dinamica, mi permette di ottenere un risultato impossibile con il digitale, in particolare nella fotografia di grande formato.
Questo vantaggio è evidente, per esempio, nella resa naturale dei colori e nelle infinite sfumature e tonalità tipiche delle caratteristiche della fotografia analogica.
La grana della pellicola si manifesta sotto forma di microscopici cristalli di alogenuro di argento sospesi nell’emulsione fotosensibile della pellicola.
Le pellicole a grana fine (pellicole lente) danno stampe praticamente prive di grana, mentre nel caso di forti ingrandimenti e/o di le pellicole a grana grossa (pellicole ultra rapide) la struttura granulare diventa molto evidente nella stampa dell’immagine.
La grana è la sostanza stessa della luce ed ogni pellicola ha la sua.
Molti pensano che la grana è una qualità indesiderabile, ma per me è una forma espressiva fondamentale ed è sempre colei che scolpisce la luce che cade sugli oggetti in tutte le sue forme.
Negli ultimi tempi molti programmi di editing hanno dei filtri che tentano di simulare l’effetto grana, tipica della pellicola, sulle foto digitali.
La fotografia analogica si sposa perfettamente con la mia concezione di fotografia d’arte o fine art.
La pellicola mi ferma, mi rallenta e mi fa riflettere su quello che sto fotografando, aiutandomi a catturarne l’essenza del momento.
Scattando su pellicola, per far sì che la storia fotografica funzioni, ho bisogno di elaborare prima la mia visione, a partire dal vostro racconto, e poi di lavorare con grande concentrazione, controllando composizione e luce.
Scegliendo la fotografia analogica questa mi impone di approfondire, di scegliere, di provare, di sperimentare pellicole sviluppi e carte da stampa.
Un percorso infinito ed emozionante.
Scattare una fotografia senza vederla subito dopo alimenta l’immaginazione, la previsualizzazione, l’attenzione ai minimi dettagli.
Quando lavoro in pellicola mi accorgo di dedicare molta attenzione a tutto quello che succede intorno a me.
A tutte le sfumature di luce di quei momenti e luoghi, che verranno fissati per sempre sulla gelatina d’argento del mio negativo.
Lontano dall’ansia dello scatto compulsivo mi posso riappropriare dell’osservazione e soprattutto dello spazio concesso dal tempo tra lo scatto e la nascita della fotografia in camera oscura.
Una vera meditazione.
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